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Albania: The Hidden Treasure

In questa intervista Oliver Waugh ci racconta le sue impressioni sulla "Albania: The Hidden Treasure", una ultramaratona di 220 chilometri in sei giorni che attraversa le zone rurali e montuose dell'Albania, alla quale ha partecipato. La gara è in semi-autosufficienza (attrezzatura e cibo vengono trasportati dall'organizzazione dalla partenza all'arrivo di ciascuna tappa) ma con temperature di 35 gradi ed oltre, tappe giornaliere comprese tra 38 e 55 chilometri ed un totale di 8000 metri di dislivello, mette costantemente a dura prova i concorrenti. L'evento viene organizzato da GlobalLimits, che propone anche simili iniziative in Cambogia e Bhutan.

Perché "Albania: The Hidden Treasure"? E perché ora? - Diversi sono stati i fattori che mi hanno attirato verso l'evento. Per prima cosa volevo provare per la prima volta a fare una corsa a più tappe. L'essere assistito in parte dall'organizzazione mi avrebbe parzialmente aiutato ad amministrarmi durante le tappe della settimana. E poi volevo visitare l'Albania e le recensioni degli eventi passati di GlobalLimits erano tutte molto positive. Non sono un ultramaratoneta esperto o che partecipa frequentemente a gare di lunga distanza. Ho 55 anni ed ho completato alcuni lunghi eventi a tappe singole (da cento chilometri a cento miglia) all'inizio degli anni 2000, dopodiché ho smesso di correre. Ho ricominciato nel 2016, e la "Hidden Treasure Albania" è stata il mio primo evento in più fasi.

Ci parli della "Albania: The Hidden Treasure"? - La corsa presenta il meglio dell'entroterra albanese: siamo partiti da Berat, patrimonio mondiale dell'Unesco, e siamo arrivati in un anfiteatro a Butrinto, altro sito Unesco. Le prove dell'occupazione romana lungo le tappe erano frequenti, dagli anfiteatri ai ponti, ed anche la maggior parte degli accampamenti per la notte erano in luoghi interessanti. Una notte l'abbiamo addirittura trascorsa con una famiglia albanese in un villaggio di montagna. Lo scenario era spettacolare ovunque: montuoso ed incontaminato. Il popolo albanese era estremamente amichevole e solidale, sebbene nessuno parlasse inglese o addirittura una lingua che si potesse interpretare. È un'economia molto rurale, quasi di sussistenza in alcuni punti, e i cani da pastore aggressivi erano un pericolo notevole, che ha causato frequenti deviazioni. L'infrastruttura è molto semplice - che si tratti di strade, elettricità o impianti idraulici - eppure tutti quelli che abbiamo incontrato erano molto amichevoli, felici e sorridenti. A questa edizione c'erano quarantotto partecipanti, metà dei quali aveva corso un precedente evento allestito da GlobalLimits. Alcuni si conoscevano già e chiaramente per loro è stato bello ritrovarsi. Altri ancora avevano corso in eventi organizzati da Racing the Planet e questo mi ha permesso alcuni utili confronti per il futuro. La corsa di per sé era suddivisa in sei tappe, per lo più tra 38 e 45 chilometri, con una tappa di cinquantacinque chilometri e l'ultima di quindici, e tutte, tranne l'ultima, erano molto collinari e di intensità simile. L'acqua da bere veniva fornita ai posti di controllo ogni dieci-quindici chilometri ed il percorso era ben segnalato, quindi non c'era bisogno di una mappa, di una bussola o di un GPS, anche se i sentieri erano sempre rocciosi e la maggior parte dei concorrenti prima o poi è inevitabilmente caduta. C'era anche poca ombra, il che era un problema dato che la temperatura a metà giornata era di media intorno ai 35 gradi. Tutti sono stati d'accordo nel classificare questa come la gara più dura che GlobalLimits allestisce. È stata una sfida anche per gli ultramaratoneti più esperti.

Eri preparato come dovevi essere? - Mentre mi allenavo per la gara, mi è tornata in mente la sfida che i londinesi come me devono affrontare nel prepararsi per ultramaratone d'oltremare. È facile fare chilometri: abbiamo parchi, fiumi e canali. Era abbastanza facile, combinando le corse con gli spostamenti da e verso il lavoro, correre da quaranta a sessanta miglia a settimana. Il problema è che abbiamo poche salite e quelle che abbiamo non sono ripide né abbastanza lunghe: le ripetute in salita non sostituiscono un ripido tratto in salita di sei chilometri senza soste. Correre con uno zaino zavorrato ha contribuito in qualche modo a rafforzare le gambe, ma in retrospettiva avrei dovuto allenarmi in montagna, oltre a fare le mie lunghe corse in pianura. Sarebbe anche stato meglio aver partecipato ad un altro paio di gare prima della "Albania: The Hidden Treasure". Ho corso solo un paio di gare di sessanta chilometri nei dodici mesi precedenti. Avrei dovuto fare almeno una gara di cento chilometri e forse altre gare di sessanta chilometri.

Cosa ci puoi dire degli altri concorrenti? - Eravamo un gruppo ricco di capacità, esperienza ed ambizioni. C'era il gruppo di atleti seri, quelli che vivono solo per correre ultramaratone; il gruppo di quelli che partecipano ad una o due gare l'anno; e poi c'ero io, il principiante. Il concorrente più giovane aveva venticinque anni ed il più anziano sessantasette. I partecipanti alla "Albania: The Hidden Treasure" provenivano da ogni parte del mondo. La Francia era ben rappresentata, così come l'Asia. C'erano squadre sia dall'Albania che dal Kosovo, in rappresentanza dei Balcani; i loro podcast dal vivo durante e dopo ogni tappa sembravano essere seguiti da casa con entusiasmo. Tra i personaggi importanti c'erano anche Dan, un ultramaratoneta veterano di cui vi dirò dopo; Kev, che stava correndo per sensibilizzare sul cancro alla prostata di cui stava lentamente morendo (una vera fonte di ispirazione). E c'era Joe, che beveva birra prima, durante e dopo ogni tappa. Indossava persino una cintura portabirra, come Duffman dei Simpsons. Ho avuto la fortuna di fare coppia con Dan, dagli Stati Uniti, mio compagno di stanza e tenda. Ha sessantasette anni ed ha iniziato a correre a cinquanta anni. Negli ultimi diciotto anni sembra aver corso un evento ogni due settimane, specializzandosi in corse di cento miglia. Ha corso due "Trans 333", una "Trans 555" ed una "Badwater", e detiene il record per il maggior numero di Grand Slam 100 di sempre. Il suo aiuto ed i suoi consigli sono stati inestimabili.

L'organizzazione è stata all'altezza delle tue aspettative? - L'organizzazione della "Albania: The Hidden Treasure" è stata migliore del previsto. GlobalLimits è gestita da Stefan, un tedesco, quindi tutto è stato molto efficiente, dall'iscrizione iniziale ai resoconti e alle foto dopo la gara. Stefan è molto rilassato riguardo alla gara stessa: uno può fermarsi a bere una lattina di Coca Cola lungo il percorso o utilizzare i social media la sera. Se non puoi correre una tappa, a causa di un infortunio o perché non ti senti bene, non c'è da vergognarsi: puoi riprendere la gara il giorno successivo, anche se alla fine non sarai piazzato in classifica. Gli accampamenti notturni disponevano di tende, acqua calda, assistenza medica, servizi igienici ed elettricità per ricaricare i telefoni. C'era uno spazio in comune designato per il pranzo e questo, insieme alla disposizione delle tende, incoraggiava tutti a sentirsi inclusi ed a chiacchierare: ho avuto modo di conoscere tutti i concorrenti e la socializzazione e le successive amicizie sono state un vantaggio inaspettato di questa avventura. Ognuno aveva a disposizione non più di dieci chili di effetti personali, trasportati da accampamento ad accampamento, il che può sembrare spartano, ma in realtà era piuttosto generoso: in effetti, la maggior parte dei corridori ha terminato la gara avanzando pasti e spuntini. Il personale era eccellente e permettetemi una menzione speciale per l'equipe medica, la cui amministrazione, consigli e cure erano di prim'ordine. Sono stati selezionati per la loro esperienza di montagna ed alle alte temperature e non credo che avrei potuto essere assistito meglio.

Come ti è andata? - Ho fatto meglio di quanto pensassi. Il maschio dominante che è in me si è fatto vedere e mi sono ritrovato a gareggiare agonisticamente. Ho percorso chilometri con un francese, il grande Damien, che era un po' più in forma di me e ci siamo aiutati a vicenda durante la corsa. Ogni giorno mi sono classificato tra il sesto e il nono posto. Tuttavia al termine della giornata più lunga ho accusato uno squilibrio elettrolitico ed ho dovuto prendermela calma il giorno successivo, il che ha avuto un impatto sulla mia prestazione complessiva. Nella classifica generale finale della "Albania: The Hidden Treasure" sono arrivato 9°.

Qual è stato il momento più difficile? - Per me il momento più difficile è stata la tappa più corta, alla fine. Dopo aver terminato un lungo tratto in salita, in una giornata molto calda, il percorso si snodava attorno ai contorni della collina. Mi aspettavo che il traguardo apparisse dietro ogni curva. Ma è arrivato, finalmente, solo sei lunghe curve dopo...

E il tuo momento preferito? - Penso a tutte le volte che ho trovato un corridore che andava al mio ritmo, il che ci ha permesso di parlare mentre correvamo. Mi sono goduto delle fantastiche chiacchierate con così tante persone differenti da così tanti Paesi ed esperienze diverse. Sono stati i momenti migliori della "Albania: The Hidden Treasure".

Hai qualche consiglio finale da condividere con chi voglia provare questa esperienza? - Molto è cambiato nel mondo delle ultramaratone dall'ultima volta che ho corso quindici anni fa. In primo luogo ci sono molti più eventi, ma anche molta attrezzatura specializzata, e costosa. Anche i vincitori sono molto più veloci. Come primo consiglio, alla "Albania: The Hidden Treasure" suggerirei di usare i bastoncini. C'era così tanta ripida salita che ne valeva la pena. Sono riuscito ad ottenere dei bastoncini per una tappa ed ho notato la differenza. Poi, utilizzare un buon gilet, specialmente uno traspirante e dotato di agganci per i bastoncini. Faceva così caldo che anche un gilet scaldava. Prendi un gilet più piccolo, con una buona traspirabilità. Usa scarpe da trail con un buon battistrada. Ho preferito puntare più su trazione che su ammortizzazione, ed ho ottenuto una buona stabilità generale. Riconsidererei infine la mia strategia su cibo e calorie. Prenderei meno cibo liofilizzato e poi solo di marca Lyo, che è l'unica azienda che ho trovato che produce pasti liofilizzati davvero commestibili. Ho anche portato del couscous premiscelato con brodo in polvere, uvetta, albicocche secche tagliate a pezzi, aglio schiacciato e un po' di zenzero - aggiungi acqua calda, una spremuta di un quarto di limone, una scatoletta di sardine in olio d'oliva e sei nel "paradiso delle calorie". Alcuni compagni di corsa erano scettici sulla mia scelta di cibo, ma se all'inizio la consideravano leggermente stravagante, al terzo giorno erano molto invidiosi, specialmente quelli che mangiavano solo cibo liofilizzato. Altre idee? Prendi del pane tipo piadina o tortilla con burro di arachidi già spalmato sopra. Vai anche in un negozio giapponese e prendi vermicelli di riso e pasta all'uovo di alta qualità precotti e confezionati sottovuoto, così basta aggiungere una bustina di zuppa di miso.

Ringraziamenti - Si ringrazia il sito A Life of Adventure (www.alifeofadventure.net) per l'autorizzazione a ripubblicare l'articolo "Just back from... Albania: The Hidden Treasure ultra 2018".


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